UN’ECCELLENZA UMBRA: ARCHITETTO CARLONCELLI

Intervista al "duplicatore" di bellezza e di emozioni

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Venezia in scala 1/1
Venezia in scala 1/1

“Architetto Fabrizio Carloncelli, sappiamo che in Cina, esattamente nella città di Changsha nella provincia dello Hunan nella Cina Centrale, lei ha partecipato alla progettazione e costruzione della riproduzione in scala 1/1 di Venezia e Assisi, ci spiega meglio questo progetto che ha davvero dello straordinario?”

“È realmente una città straordinaria perché non è propriamente una “riproduzione” in scala 1/1, si tratta invece di un vero quartiere urbano, censito nell’amministrazione di Changsha con destinazione commerciale e turistico alberghiera. Si tratta di un format urbano chiamato: Cinema Town, promosso dalla Huayi Brothers Media Corporation (in Ping in: Huáyì Xiōngdì Chuánméi Gǔfèn Yǒuxiàn Gōngsī), fondata da Wang Zhongjun uno dei più grandi manager cinesi, che dirige la H-Brothers, tra le maggiori multinazionali dell’industria dell’intrattenimento cinematografico, televisivo e video games, in questo caso speciale consociata ad una società locale che si occupa di grandi interventi urbanistici a carattere commerciale.
Nonostante sia stata voluta da una multinazionale del cinema, dico che la città italiana di Changsha non è una riproduzione perché è stata pensata e sviluppata proprio per evitare di essere una semplice replica, come già in Cina è stato fatto con quartieri che riferiscono a Italia, Francia, Germania, Olanda.
Potrei aggiungere che ho una responsabilità diretta nel fatto che il borgo non sia una semplice riproduzione, dato che lo ho progettato interamente, dal livello urbanistico all’architettura, ai dettagli esecutivi per i quali ho indicato ai costruttori cinesi, come coprire i tetti, come sviluppare le diverse superfici delle murature, indicandogli le differenze tra murature medievali e stucchi rinascimentali fino alle ferramente e infissi.
È più corretto descrivere la Città Italiana di Changsha come CITTÀ ANALOGA, una definizione che veniva usata dagli architetti post moderni e che mi è stata ricordata anche da Paolo Belardi docente di architettura presso l’Università di Perugia; la città analoga è una città contemporanea che riferisce la propria forma e struttura urbana alle città antiche. Non è una copia perché nasce secondo le regole delle città antiche ma i suoi edifici si sviluppano in modo autonomo, ha una sua logica e vita che trova nelle funzioni che gli sono assegnate e per le quali è una vera e propria città turistica.
Vi sono comunque ubicate un numero limitato di costruzioni, in cui effettivamente gli edifici replicano gli originali; nel borgo assisano sono, la facciata e navata principale della Chiesa Superiore di San Francesco ad Assisi, la Torre del Palazzo del Capitano del Popolo, la facciata del Tempio della Minerva; nella sezione del borgo che riferisce a Venezia è la Chiesa del Redentore.
Oltre a questi edifici gli altri sono tutti vere e proprie creazioni urbanistico architettoniche concepite da me, ma strettamente disciplinate dai canoni artistici e vernacolari delle città origine.
È possibile per i lettori immaginare la soddisfazione di un architetto italiano a cui viene dato il compito di progettare un borgo intero, dalle fondamenta al colmo dei tetti? Soltanto nel nostro passato rinascimentale è stato possibile ad un uomo di concepire da solo intere città, a me è stato chiesto, e io ho lavorato per tre anni senza interruzioni per conseguire questo scopo di cui ho visto la completa riuscita.

Scorcio Assisi in scala 1/1
Scorcio Assisi in scala 1/1

Il mio incarico prevedeva il dare al popolo cinese, che non avrebbe mai potuto visitare i luoghi dell’Italia, non la semplice atmosfera o l’idea della bellezza dei nostri borghi, ma il privilegio di camminare attraverso le strade che avevano reso la mia infanzia e la mia giovinezza così ricche perché i cinesi così intendono la nostra vita di italiani: ricca di una impareggiabile bellezza. Una bellezza che solo noi possediamo e spesso ignoriamo perché ne abbiamo l’abitudine, mentre nel mondo ci sono popoli disposti a ricostruire anche solo l’immagine di quella bellezza, pur di avere la temporanea sensazione di poterla abitare.

“Come è nata l’idea di questa riproduzione?”

“Si tratta quasi di un romanzo, l’idea del borgo italiano di Changsha. Dal 2010 io lavoravo come Senior Architect a capo del Team degli stranieri, presso il W2 Architects Studio di Nanchino (Nangjing) nella provincia del Jangsu, a 350 km da Shanghai. Eravamo coinvolti in grandi progetti a carattere urbanistico e architettonico, costruendo mega strutture in diverse parti della Cina e a capo del team degli stranieri io avevo già vinto per lo studio diversi concorsi. Nel 2012 Wang Degang, l’architetto capo e proprietario dello studio, ricevette l’invito a partecipare alla Biennale di Venezia rappresentando la Cina. Nell’occasione del viaggio in Italia io invitai Wang Degang, del quale ormai ero divenuto ottimo amico e partner dello studio, a visitare l’Umbria perché vedesse un’Italia meno conosciuta ai cinesi. Degang rimase affascinato dal lago Trasimeno, dai tramonti iridescenti, dalle mura etrusche di Perugia, dalla forza possente delle città medievali e quando raggiungemmo Assisi ne rimase folgorato: “é questa l’Italia che dobbiamo rappresentare!” Disse allora, perché eravamo stati appena incaricati da Wang Zhongjun in persona di progettare più di dieci borghi turistici in Cina, tra i quali avrebbe dovuto essere anche la Città Italiana.
Quindi questa è la ragione: la bellezza e forza di Assisi hanno conquistato Wang Zhongjun che con i suoi dirigenti l’ha visitata.”

Assissi in scala 1/1
Assisi in scala 1/1

“Perché è stata inserita anche la riproduzione della città di Assisi, o meglio cosa ha convinto i Cinesi a considerare la città di Sn Francesco?”

“È stata l’autenticità e la coerenza della città, le forme semplici e la pietra, l’armonia che Assisi esprime, essendo avvolta nel verde della natura, tra il paesaggio della valle e la sella su cui la città siede: assisa appunto, sul monte Subasio.
Assisi ricalca un modo di esistere che gli orientali percepiscono affine al loro proprio. Il mondo orientale è consono allo stile delle città medievali umbre molto di più che al dinamismo delle vigorose città del nord italia. La Cina nell’anima è ancora vincolata ai valori che la nostra terra esprime così nettamente: l’armonia tra l’uomo e gli elementi.”

“Quali sono gli utilizzi e le finalità di questo complesso architettonico?”

Dobbiamo comprendere che in Cina il turismo e il commercio, il tempo libero, lo svago, sono concepiti in modo diverso che qui in Italia. La Città Italiana di Changsha vige nel regime di un parco turistico culturale, provvede allo svago e acculturazione per decine di migliaia di cinesi che non potranno mai viaggiare e vedere il nostro Paese. Per molti turisti cinesi, recarsi a Changsha significa letteralmente conoscere l’Italia, sperando che i propri figli possano un giorno vedere i luoghi originali. Assaporare l’Italia vuol dire anche assistere allo spettacolo di Umbria Jazz, organizzato nella piazza della Assisi a Changsha, come è stato già fatto. Quindi potrei dire che l’utilizzo e finalità della Città Italiana sono l’essere una finestra dell’Italia in Cina.

Architetto Carloncelli
Architetto Carloncelli

“Architetto Carloncelli, lavorare in Cina non è né facile e né scontato, come mai è stato scelto lei nel team di progettazione di questa struttura?”

“Sono stato per dieci anni alla guida di una Scuola Superiore di Design, qui in Italia, e nell’anno 2005 sono stato chiamato in Cina dal Presidente della Fiera di Shanghai, in qualità di Giudice Straniero per il Design Industriale, in una competizione internazionale che lì si svolgeva. Rimasi affascinato dalla Cina di allora. Ho quindi stretto relazioni professionali con il mondo cinese recandomi in Cina frequentemente. Ho fatto parte di commissioni governative della Associazione Nazionale dei Mobilieri Cinesi per lo sviluppo del design originale cinese, combattendo contro le copie per cinque anni, costruendo la fiducia e il rispetto necessario a partecipare a gruppi di progettazione i più diversi. Così sono divenuto partner del W2 Architects Studio a Nanchino (Nangjing) di Wang Degang; ho fondato lo studio Expodomo a Shanghai per il Presidente della UBM-Sinoexpo, Mr. Wang Ming Liang, un vero manager illuminato, in grado di prevedere con un lustro di anticipo lo sviluppo dei mercati, e per lui ho fondato il brand di forniture e complementi di arredo FABIO FAN e ne ho sviluppato le collezioni, vincendo anche il premio di design cinese più innovativo, perché era tale la mia assimilazione al loro mondo che sono stato listato nel 2015 tra i migliori designer cinesi. Non italiano, ma cinese. Infatti dal 2010 al 2020 ho abitato a Shanghai e Nanchino (Nangjing) viaggiando settimanalmente tra le due città a 350 km di distanza, agevolmente superati dai loro bullet train in 45 minuti. Tutto è accelerato in Cina, ma rimane senza sapore, senza il sentimento di cui hanno anch’essi estremo bisogno: ecco perché l’Italia, ecco perché gli italiani. Siamo ritenuti, e dico: a ragione, coloro che riescono a dare forma e vita all’architettura, al design, alla moda; ad ogni scala.
Un altro grande manager che ho conosciuto, Mr. Henry Zhu, mentre eravamo a Firenze mi chiese con un filo di voce: “perché voi italiani avete tutto? La bellezza, il cibo, anche l’aria e l’acqua sono profumate da voi, perfino il cielo sembra profumare qui da voi!” Lo disse con un tono quasi sofferto e di sfida, si stava realmente chiedendo il perché gli italiani avessero quel privilegio. Io mi sentii di dargli una risposta netta: “evidentemente Dio ama questi luoghi e noi che ci viviamo. Ancora non so immaginare una risposta diversa da questa.”

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