Jacopone da Todi: la vita e le opere

Un grande personaggio della letteratura italiana

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1774
Jacopone
Jacopone

La vita
Jacopo de’ Benedetti, meglio noto come Jacopone da Todi, nasceva a Todi probabilmente nel 1236, da una nobile famiglia che risiedeva nel rione colle, vicino all’arco di Porta Libera.

La sua vita, ricostruibile soprattutto attraverso la sua stessa opera, appare segnata da una violenta e radicale contrapposizione ruotante attraverso la conversione, avvenuta all’incirca all’età di 32 anni. Fino ad allora Jacopone era vissuto esercitando la professione di procuratore legale e rimanendo strettamente legato a un modello di vita mondana che con la conversione respinse definitivamente. Aveva sposato una fanciulla aristocratica, Vanna, della famiglia dei Conti di Coldimezzo, la cui improvvisa e tragica morte, nel 1268, lo avrebbe spinto alla conversione.

A questo punto inizia il rifiuto di Jacopone di tutti i valori mondani, compresa la cultura: allo scopo di svergognare se stesso e deridere ogni bene terreno e vanagloria umana, fece di tutto per apparire spregevole. Secondo un’antica leggenda, sembra che egli si aggirasse per le strade come un pazzo, ricoperto di stracci e penne di volatili, e dimorasse nei sepolcri.

statua di Jacopone da Todi
statua di Jacopone da Todi

Il suo stile di vita ci rivela, al di là dell’inverosimiglianza della leggenda, il bisogno di Jacopone di amare la sofferenza digiunando, vegliando, godendo degli insulti e della solitudine. In seguito a dieci anni di vagabondaggi, egli infine riuscì a farsi accogliere nell’ordine francescano come frate laico, avvicinandosi al gruppo più radicale e intransigente della fazione degli spirituali. Dopo aver invitato Celestino V, durante i suoi soli cinque mesi di pontificato (1294), ad affrontare coraggiosamente la riforma della Chiesa, si trovò, in seguito all’abdicazione di questi, schierato contro il suo successore Bonifacio VIII (legato a Todi per avervi trascorso insieme allo zio Pietro vescovo parte della giovinezza), che rappresenta le istanze più conservatrice e compromesse del potere ecclesiastico. Si unì ai cardinali Colonna e firmò il “manifesto di Longhezza” che dichiarava nulla l’elezione di Bonifacio. A questo punto fu travolto dalla veemenza delle reazione del papa, che, oltre a scomunicarlo, ordinò anche il suo arresto. Dal carcere, Jacopone inviò a Bonifacio epistole dal contenuto fiero ed aspro, in cui gli prediceva la dannazione eterna ma allo stesso tempo lo supplicava di liberarlo dalla scomunica. Solo nel 1303 riottenne la libertà e la revoca della scomunica per merito del successore di Bonifacio, Benedetto XI. Infine la notte di Natale del 1306, all’età di 70 anni, morì a Collazzone, nei dintorni di Todi.
Nel XVI secolo il vescovo Angelo Cesi stabilì le sacre reliquie di Jacopone nel Tempio di San Fortunato, dove tuttora si trovano, mentre ai piedi della scalinata del Tempio si trova il monumento bronzeo dedicatogli dallo scultore Gemignani nel 1930.

L’ideologia e le opere
Jacopone da Todi si inserisce nel solco della tradizione francescana, tuttavia non vive più un rapporto fiducioso e ottimistico con la natura bensì una lotta tragica e sfiduciata, in cui l’uomo è del tutto immerso nella materia della società e della storia.
Tra le opere latine di Jacopone, spicca la celebre “Stabat mater”, che testimonia la sua ricca cultura, ma centrali nella sua produzione sono senz’altro le laudi, in cui domina un senso di irrequietezza nei confronti della condizione umana e si stabilisce una sorta di abisso tra l’uomo e Dio. Jacopone aggredisce la colpevole superbia umana nelle pretese intellettuali (infatti per le sue poesie ha scelto il dialetto umbro popolare) o nel corpo: per esempio nella lauda “O Signor, per cortesia”, invoca malattie e sofferenze ma nessun dolore è sufficiente per espiare il peso della colpa della crocifissione di Cristo.
Uno dei testi più celebri del poeta tuderte è “Donna de Paradiso…”, l’iniziatrice della lauda drammatica, in cui attraverso un intreccio di voci, Jacopone sa trovare accenti teneri e dolenti che esprimono l’incontro, nella Passione di Cristo, tra condizione umana e grandezza divina.
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