Sette personaggi in cerca della felicità al Teatro di Figura Umbro

Un viaggio esilarante che parte da Čechov ed arriva in un posto qualunque chiamato “altrove”

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L’intento dichiarato dal regista, Fausto Marchini, per lo spettacolo di fine anno del suo laboratorio teatrale La Rondine,  La felicità altrove ovvero Tre sorelle di Čechov, in scena al Teatro di Figura Umbro sabato 8 Giugno alle ore 21.30, è quello di  “far rivoltare Čechov  nella tomba dal ridere”.

D’altronde, lo stesso autore considerava la sua opera una commedia e non si capacitava del fatto che nessuno ridesse a crepapelle durante le varie rappresentazioni teatrali.

In realtà, i temi affrontati dallo scrittore e drammaturgo russo sono molto seri in primis, quello della  disillusione: i suoi personaggi hanno tutti dei sogni, delle ambizioni che vanno dal miraggio di un matrimonio felice, all’aspirazione di un lavoro gratificante, al desiderio di una vita sociale brillante.

Čechov  si concentra sulle reazioni psicologiche, sulla capacità di adattamento che hanno i suoi personaggi, sul modo in  cui accettano, sopportano, mascherano la realtà al posto di quella immaginata e sperata.

La felicità è pensata essere “altrove” non solo in senso territoriale ( le tre sorelle vorrebbero tornare a vivere a Mosca dopo essersi trasferite in una cittadina di provincia), ma anche in uno spazio temporale diverso, successivo a quello in cui vivono e che arriva a coinvolgere le generazioni future. 

Questi temi vengono ripresi da Marchini che ne trae spunto per un dialogo fra i suoi sette attori i quali sono chiamati a riflettere, dialogare, narrare, persino improvvisare, ma  in chiave divertente ed ironica, in una sorta di rimando al metateatro in cui lo spettatore  rimane sicuramente coinvolto e sconvolto.

Fra i consigli di scrittura dello stesso  Čechov  c’è l’onestà. L’autore non deve mai mentire, l’arte non tollera la menzogna, ogni finzione deve essere vera per cui si può parlare di certi temi in maniera “leggera” , sorseggiando del tè, leggendo un giornale ed  attuando tutte quelle cose che siamo chiamati a fare durante il giorno, nella vita reale.

Ed è proprio da qui che nasce l’ironia, il divertimento perché mentre si parla insorgono delle dinamiche improvvise, destabilizzanti che portano i personaggi a dire e fare cose persino divertenti. Nella vita, la gente non si impicca, spara o fa dichiarazioni d’amore in ogni momento. Nel quotidiano, le persone mangiano, bevono, dicono sciocchezze ed è questo che si deve vedere in scena.

 

Per concludere e non svelare fino in fondo le dinamiche di una serata che si preannuncia all’insegna di una  vis comica, ma che sicuramente  farà anche molto riflettere sui moti dell’anima di chi vive in perenne contraddizione tra quello che è e quello che si vorrebbe fosse, lancio al regista, alla sua preziosa collaboratrice Maria Grazia Di Donfrancesco  e agli attori del suo laboratorio teatrale  un grandissimo “in bocca al lupo” e, ai lettori, dedico una frase di Čechov   su cui continuare a riflettere:

“Andiamo,andiamo su per la scala cosiddetta del progresso, della civiltà e della cultura. Ma dove si va? Io davvero non lo so.”

Ah, saperlo, saperlo! Direbbe Olga, una delle protagoniste.