Lode alla Rocciata di Maria Vera Speranzini

Una poesia per il dolce -principe- di Fuligno scritta da una folignate doc

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Rocciata

Cenni storici sulla Rocciata

Il dolce descritto in dialetto folignate e detto “Rocciata” potrebbe risalire agli antichi Umbri. Anche le Tavole Eugubine fanno riferimento ad un tipo di alimento dalla stessa forma. Veniva preparato in occasione di cerimonie sacre. E’ simile allo strudel per cui alcuni ne sospettano un’origine longobarda. Esiste in due versioni: una dolce ed una salata detta anche “fojata” nella zona di Spoleto e dolce detta “rocciata” o “Attorta”. Il significato è lo stesso e starebbe per “Attorcigliata”. Quella salata nella zona di Nocera Umbra è detta “biscio”.
E’ un piatto povero della tradizione umbra, si utilizzavano gli ingredienti presenti nelle campagne umbre in autunno, senza comprare nulla e senza sprecare nulla. E’ un dolce che rappresenta l’essenzialità della vita contadina che ha mantenuto usi costumi antichi almeno fino agli ’60 del Novecento. Era un dolce che veniva distribuito ai pellegrini che transitavano nella zona verso Assisi, Loreto e Roma, infatti è spesso collegato alla devozione di San Francesco che nella sua Regola auspicava ad una vita essenziale e semplice.
Molto interessante è la sua forma rotondeggiante(come del resto lo sono la Torta al testo, la crescia, la pizza sotto al fuoco, le torte pasquali ecc…). Essa rappresenta un antico simbolo sacro. Il cerchio è infatti la figura dei cicli celesti e del ciclo annuale rappresentato nello Zodiaco. E’ un dolce quindi che parla di armonia, di perfezione, di omogeneità e di assenza di divisioni. Ha la stessa forma del Sole, il cui calore è associato all’amore, alla luce, alla bellezza e alla verità.
Con la sua forma circolare e con il suo centro bucato, il dolce rappresenta una sorta di “luogo sacro” dove si possono concentrare le energie materiali (i frutti) e spirituali (il significato).
E’ caratterizzato da ingredienti variegati (miele, cacao, mele, fichi secchi, uvetta…) che però superano l’indifferenziato, si uniscono e si trasformano in un unico che parla di uguaglianza.
Insomma questo dolce umbro diventa simbolo dello spirito e dell’immaterialità dell’anima, è un dolce del periodo autunnale ed incarnava il significato più profondo di protezione dal freddo, dal male. E’ di buon auspicio per impedire ai nemici, alle anime vaganti o ai demoni di entrare in contatto con la comunità. Ancora oggi è un dolce che viene regalato in occasione delle festività di tutti i Santi o dei morti.

Prefazione

A quei tempi, (parlo degli anni 60 e 70), era un vero e proprio rito fare in casa i dolci della specifica ricorrenza, per la Festa dei Morti e per Natale era consuetudine realizzare la Rocciata di Foligno, con noci, mele, alchemens e altri ingredienti, (vedi ricetta), a seconda delle varianti soggettive di ogni famiglia. Ecco che noi Scanzanesi, siamo diventati esperti e cultori di questo dolce straordinario dagli antichi sapori, da questo amore per il passato e per la Rocciata, è nata questa poesia in puro dialetto folignate, della sottoscritta, (figlia di Luisa Speranzini), una grande fautrice di questo dolce folignate.

La Rocciata

Quanno l’estate non te la si’ scordata
Quanno dopo settembre arrìa ‘na vella ottovrata…
È lu tempu justu pe’ fa’ la rocciata.
E’ un dorge de Fulignu, de la terra nostra paesana
Che con pocu se accontentava
Dicìa che poco è mejo de gniente
E ditelo un po’ a tutta sta jente
Che se lamenta, se lamenta
Ma damme retta…non je manca proprio gniente!
Allora se dovemo preparà la rocciata
Vedemo come dee esse preparata.
Ce vole l’ovu friscu de jornata
Qualche ciancata de farina raffinata
De vino viancu, appena ‘na spruzzata
E dopo che ciai messo lo vino
Ce vole l’olio sopraffinu…
Devi mischià tutti ‘sti ngredienti lestu lestu su la spainatora
E nun te straccà finchè n’è ora
Quanno te dorgono tutte e due le mano che nte le senti più
Ce mancono du’ minuti o poco più.
Lu panittu de pasta va cupertu co’ ‘na straccetta
E fattu riposà ‘na mezzoretta!
Hai missu la pasta a riposà
Va vene, ma nun te la scordà!
Pia su lu mattarellu, la spianatora de prima
Passece sopra un po’ de farina
Prova a fa’ la sfoglia tonna e fina…
Allora pe’ capisse ch’emo fatto?
Me pare che vole quarghicosandro….
Su la sfoglia tonna e bella come ‘na luna piena
Ce se mette ‘ntantucciu d’olio a raggiera
Un bellu mucchiu de mele svucciate
Fine fine affettate
Co’ ‘npo de cannella ‘zuccherate
Javrai levato li semi e lu struscellu
Usanno con cura lu curtellu
Le noci ce le mitti pe’ nzapurì
Li pinoli se la voli arricchì
C’è chi ce mette la cioccolata
Insieme all’uvetta ammollata e ‘nfarinata
Chi ce mette li fichi sicchi e la marmellata…
A ‘sto punto quanno tutta ‘sta grazia de Dio è livellata
Poli incumincià a arrotolà la rocciata
Co’ ‘na sfoja ce se fonno du rocciate
Da mette ‘nta li sesti accomodate
Je dai la forma de’ n serpente addormentatu
E la fai coce nto lu fornu rscallatu!
Quannè cotta come fosse sotto lo sole
Pia ‘ncolore che arsumija da lu sapore
Se te piace arroscettalla co’ l’archemesse lo poli fa’
Ma ‘nperde tempu , mettete a magnà!
E’ la rocciata, è lu dorge de Fuligno, è tanta vona ma se ce biji ‘n guccitto de vino dorge è anco’ più bbona!

Maria Vera Speranzini

 

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