Le “Allucinazioni” di Germano Innocenti

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Germano Innocenti

di Cristiana Dominici – Tra le uscite del gennaio 2018, “Allucinazioni”, il nuovo libro di Germano Innocenti, classe 1977, prodotto da Ensemble, casa editrice “che punta a promuovere giovani esordienti e autori di valore internazionale che con la propria opera possano lasciare un messaggio universale”, acquistabile al link www.edizioniensemble.it.
Seconda pubblicazione per l’autore che si è laureato a Perugia con una tesi su Michel Foucault, con la quale ha vinto la borsa di studio Laura Viti dopo la raccolta di poesie “The Hollow”.

La poesia come distorsione

Nel testo, a metà tra poesia e prosa, l’autore, cinefilo appassionato e critico cinematografico per www.targatocn.it, sperimenta una diversa forma di scrittura, descrivendo istanti con uno stile complementare ma meno analitico rispetto alle recensioni cinematografiche.
“É proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva”, ci insegna il professor John Keating de L’Attimo Fuggente.

Il libro “Allucinazioni”

Il libro, che si snoda in versi liberi e prose poetiche, presenta in copertina l’incipit dell’autore: “Dormo poco ma quel poco mi basta per sognarmi”, ultimo verso de “La casa della fine del mondo” e svela il coraggio di ogni poeta di mettersi a nudo nel momento della genesi.
Scritto tra il 2007 e il 2013 le “Allucinazioni” sono una serie di visioni lisergiche idealmente situate fra le “Illuminazioni” di Rimbaud e le aperture liriche dell’immaginario di autori come Henry Miller o Céline. Nella ricerca della sensazione, oltre il verso tradizionale, il flusso di coscienza scardina l’ordine logico del discorso destrutturando le regole, sintattiche e non, conducendo il lettore in una sorta di abbandono mistico.

A Germano Innocenti abbiamo rivolto alcune domande.
Articoli, poesie, prosa, come coniughi queste diverse forme d’espressione?
«Convivono in me anime differenti che si attraversano come fantasmi. La poesia tende alla sintesi e alla condensazione, la prosa si dilata come un muscolo e l’analisi critica mi permette, attraverso l’ironia e la comparazione, di tuffarmi nella realtà contemporanea visto che in una delle mie precedenti vite ho studiato, e insegnato, sociologia».
Parafrasando Walt Whitman “il potente spettacolo continua e tu puoi contribuire con un verso”. Ha ancora senso per te scrivere poesia oggi?
«Credo che da un punto di vista espressivo abbia sempre senso scrivere poesia e che mai come in questo periodo di crisi, etica ed estetica, ci sia bisogno di nuovi poeti. “La poesia non vende” è il ritornello di qualsiasi casa editrice che si limita a ristampare per la centesima volta i soliti noti e non dà spazio ad autori emergenti. Bisogna avere coraggio ed investire anche perché, per sua natura, la poesia è breve e in una società sempre più frenetica e frammentaria potrebbe vivere una vera e propria rinascita».
Traendo ispirazione da un tuo verso: ”ogni giorno curo il mio demone e sogno i suoi peccati come fossero i miei…”. La poesia può curare i demoni di ognuno di noi?
«La cura prevede una guarigione che da un punto di vista esistenziale è impossibile. Ma si può, e l’arte dovrebbe avere tale funzione, tenere a bada il dolore usandolo come una catarsi. La ferita (nella poesia lo dico) va riaperta di giorno per consentire la creazione e poi ricucita di notte».
Nella poesia “ho pagato una puttana” scrivi: ” …l’ho pagata perché il silenzio si compra sempre”.
«Il silenzio è la base della contemplazione che porta all’atto creativo e ha sempre un prezzo. In questa poesia parlo di ciò che veramente offre il mercimonio che non è lo sfruttamento del corpo ma il silenzio successivo allo stesso. La prostituzione è atto antisociale e si sottrae per sua natura al discorso sul e dell’amore. In tal senso la poesia è una forma di nobile prostituzione, come accadeva per le puttane sacre dell’antichità».Tra le Allucinazioni quali sono le tue preferite?
«Le poesie di questo poema, perché non di raccolta ma di poema si tratta, sono in ordine cronologico quindi quelle in cui mi riconosco di più sono nella seconda parte, laddove la forma “allucinatoria” si è cristallizzata in una struttura definita. Per quanto intangibile. Direi “una nazione” o “sentire” ma anche “la notte” o “fontane”. Poi ho una particolare predilezione per “l ’assoluto”, la poesia più lunga del poema, perché si tratta d’un vero e proprio trattato filosofico. D’altronde come diceva, Novalis, “non può esistere poesia senza filosofia”».
Qual è il tuo prossimo progetto?
«Sta per uscire una mia altra raccolta poetica: “La forma del dolore” che a differenza di “Allucinazioni” ha una struttura in versi molto più rigida e formale. Nel frattempo sto lavorando al mio primo romanzo e finendo di ultimare una selezione di racconti».

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“…nella spigliata grazia degli amanti si seppellisce la mia gioventù”.
“…se l’Inferno fosse uno sguardo accetterei di dannarmi nella ripetizione di guardarti”.
“…sentire le fredde dita della morte per annegamento serrarsi agli ultimi baci della Primavera degli amanti”.

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